Durante il periodo del Covid-19, ho avuto l’opportunità di esplorare numerosi film e documentari, tra cui il coinvolgente documentario dedicato alla vita di Sebastião Salgado: The Salt of the Earth diretto da Wim Wenders, 2014. Purtroppo, non ho potuto visitare la mostra delle sue fotografie a Roma, ma sono grata di aver avuto l’opportunità di ammirarle a Milano presso la Fabbrica del Vapore, prorogata fino al 28 gennaio.
Le sue straordinarie fotografie, sono sospese nell’aria e sembrano tagliare lo spazio, trasportandoci in un territorio immensamente vasto e per me così lontano, la foresta Amazzonica, polmone verde del mondo. Iniziamo un viaggio in in mondo misterioso, proprio come fu per i primi conquistadores alla ricerca dell’Eldorado, accompagnati dalla colonna sonora di Jean-Michel Jarre.
Gli scatti in mostra sono dedicati al fiume Negro e alle sue acque profonde, alle maestose montagne che lambiscono le nuvole di pioggia, agli imponenti alberi dalle radici profonde. Le immagini in bianco e nero accentuano le texture naturali, descrivono un territorio rigoglioso, selvaggio, primordiale, ma anche estremamente fragile allo stesso tempo, con le piogge che ogni anni si fanno sempre più scarse.
Oltre al paesaggio, nelle sue fotografie appare l’essere umano, nelle diverse tribù indigene che ancora scelgono di vivere in questo territorio sopravvivendo soprattutto con la caccia. Il fiume e la foresta diventano essenziali per la sopravvivenza di questi esseri umani, coscienti della loro scelta.
Molti sono insegnati ed interpreti che cercano di tramandare le tradizioni remote e di far valere i loro diritti comunicando con il resto del mondo e soprattutto con il governo brasiliano. Le diverse popolazioni di questo territorio condividono un ceppo linguistico comune, ma le loro lingue si differenziano così come le loro usanze. Tuttavia, li unisce un profondo rispetto per la natura e gli animali, uniti dal desiderio di preservare questo paradiso per l’umanità. In mostra troviamo interviste e uno scatto del set che Salgado portava con sé attraverso la giungla.
L’amore per l’Amazzonia si è trasformato nel progetto Terra, nato negli anni 90 per preservare questo paradiso terrestre. Insieme alla moglie Lélia, sono riusciti a recuperare nella Valle del Rio Doce un territorio abusato, ripiantando alberi, creando serre per lo sviluppo delle piante finalizzate alla riforestazione, al fine di proteggere la bellezza e la salute del nostro pianeta.
La mostra di Salgado ci racconta lo splendore e la complessità del mondo, ricordandoci che i custodi di questo giardino siamo noi essere umani.