La mia amica Annalisa dice che dovei pubblicare tutte le foto che scatto. Mi ripete che non dovrei tenerle solo per me ma condividere almeno gli scatti più belli e significativi con gli altri.
Quanto una fotografia può ispirare gli altri? Fino a che punto essa può raccontare un vissuto? Quanto può essere potente una fotografia?
Tutte queste domande sono nate dentro di me visitando lo scorso mese il Festival di Fotografia Europea a Reggio-Emilia. Da due anni sospeso a causa della pandemia, quest’anno il Festival riapre ricco di esposizioni sparse in vari punti della città.
Le fotografie in mostra raccontano storie ricche di un alto tasso emotivo, struggenti, vere che mi si sono palesate di fronte, come una freccia dritta al cuore, come un’apparizione, come se fossero materia densa. Non vi racconterò dettaglio per dettaglio ognuna di esse, ma solo quelle che mi hanno colpito di più.
L’amore non ha fine.
First trip to Bologna 1978. Last trip to Venice 1985. “Senza fine” cantava Gino Paoli in una sua celebre canzone ed è forse il sentimento che ha unito Christine e Seiichi.
I due si incontrano e si innamorano, creano una famiglia, ma ben presto nuvole cupe iniziano a minacciare questo equilibrio. La loro unione si interrompe bruscamente con il suicidio di Christine, dopo sette anni dal loro primo incontro.
Da quel momento Seiichi raccoglie indizio dopo indizio, fotografia dopo fotografia per capire i motivi che hanno portato a questa interruzione del loro viaggio insieme. La sua ricerca di risposte continua ancora oggi e penso proprio non terminerà mai.
Dalle ceneri si rinasce.
Paridise di Maxime Riché. L’8 novembre 2018, in quattro ore, un enorme incendio devasta la città di Paradise in California, provocando 89 morti e distruggendo 18.800 edifici.
Maxime Riché visita due volte questo luogo tra il 2020-2021 e cerca di documentare, attraverso la fotografia e i video, la ricostruzione di quel “Paradiso” perduto da parte dei suoi abitanti. Nonostante la perdita delle persone care, la distruzione dell’ambiente circostante tramutato in cenere, l’essere umano continua la sua vita adattandosi al nuovo territorio.
Per accentuare l’intensità emotiva, il fotografo utilizza una pellicola a infrarossi che intensifica il rosso, il giallo, il nero, i colori del fuoco.
Le donne viste da una donna
In her rooms di Maria Clara Macrì. Fotografa nata a Reggio-Emilia, restituisce alla donna la sua nudità slegandola dall’essere un oggetto sessuale. Le fotografa nelle loro stanze, dislocate in varie città del mondo come Milano, Parigi, Londra, New York, Los Angeles. L’obiettivo è di distruggere gli stereotipi e di liberare l’immagine della donna. E ci riesce pienamente.
Il vento come spirito.
Speak the Wind di Coda Afshar. Gi abitanti delle isole dello stretto di Hormuz, al largo della costa meridionale dell’Iran, credono che i venti possano possedere le persone. Sono nati nei secoli vari rituali tra incensi, musica e gestualità, in cui un sacerdote parla al vento in una delle lingue locali o straniere cercando di liberare la persona afflitta.
Ormai tutti possiamo scattare una bella foto con i nostri “device” ma quante di queste possono arrivare in profondità? Credo che i veri fotografi soprravivano oggi a questa bulimia di immagini proprio per questo motivo.