Ho perso delle foto. Ho cancellato per sbaglio delle foto e ora non le ho più. Mi sento come aver perso per strada delle banconote, la borsa, le chiavi di casa, nonostante le immagini fossero scattate con un normale telefono cellulare. Eppure non sono contenta di aver perso un pezzo di me, di non poter raccontare come volevo ciò che ho visto con i miei occhi.
Penso a Steve McCurry e come prima del digitale si potesse fotografare. Quanta amarezza ci doveva essere se uno scatto non veniva sviluppato bene. Le fotografie sono sempre un filtro del reale o vogliono raccontare il vero?
La mostra “Icons” di Riccione, allestita a Villa Mussolini, invece, racconta ben poco dell’universo di McCurry, i contenuti infatti rimangono in superficie come sospesi. Sappiamo poco dei suoi ritratti e forse è la cosa che più mi spiace di tutta la visita. L’audio-guida non approfondisce a sufficienza, sembra testo tradotto dall’inglese ma senza anima.
Rimango i suoi potenti volti, dai colori accessi, la loro bellezza parla al posto dell’audio-guida per fortuna, anche se non riescono a comunicare del tutto chi sono e da dove vengono.
Perdiamo qui l’occasione per saperne un po’ di più, nonostante la fama di fotografo internazionale lo preceda.
Penso a quelle foto perse e mi pento di non poter raccontare un giorno a qualcuno la storia di quel posto e il perché io fossi finita lì. Siamo sicuri che la perdita di un oggetto sia solo fisico?
Per approfondire:
- Sito ufficiale del fotografo McCurry: https://www.stevemccurry.com/
- La storia della ragazza afgana: https://ilchaos.com/ragazza-afgana-di-steve-mccurry-sharbat-gula/