Continuano i miei i viaggi nelle dimore dei poeti italiani. Dopo aver visitato la casa natale di Giovanni Pascoli, ora tocca all’ultima dimora di Francesco Petrarca (Arezzo 1304 – Arquà 1374).
“Mi sono costruito sui colli Euganei una piccola casa decorosa e nobile; qui condito in pace gli ultimi anni della mia vita, ricordando e abbracciando con tenace memoria gli amici assenti o defunti”
(F. Petrarca, Senili XIII, 8, lettera a Matteo Longo, 6 gennaio 1371)
Riemerge così dalle memorie scolastiche il grande Petrarca, uno dei padri fondatori della letteratura italiana, precursore dell’umanesimo, uomo di mondo, innamorato della sua musa Laura. Dopo aver viaggiato e vissuto tra varie città come Arezzo, Avignone, Bologna, Roma, Milano, ecc. decide di trascorrere gli ultimi anni della sua vita, ormai anziano e malato ad Arquà, un piccolo paese euganeo, non distante da Padova.
(Mi sorprende sempre come nel 1300 potessero viaggiare così tanto, senza aerei, né treni, né auto)
Qui ad Arquà, era circondato da nuovi e vecchi amici e dai famigliari come la figlia Francesca, l’amato genero Francescuolo da Brossano e la nipotina Eletta (chiamata in onore della bisnonna, madre di Petrarca).
La casa gli viene forse donata da Francesco I da Carrara, signore di Padova e amico sincero del poeta. Petrarca decise di restaurarla adeguandola alle sue esigenze.
Di fronte all’entrata della casa, disposta su due piani, si trova un piccolo giardino all’italiana, mentre sul retro è situato il brolo (orto) in cui Petrarca curava le sue piante ma non sempre con successo. Pollice nero? Ma di inchiostro!
Dopo la morte del poeta si susseguono diversi proprietari, ma la casa non ha subito sostanziali cambiamenti. Alla metà del 1500, il nuovo proprietario, Paolo Valdezocco, ha commissionato gli affreschi delle pareti che ancora oggi possiamo ammirare, ispirati alle opere dello scrittore toscano.
C’era una volta una gatta. Dentro una fastosa cornice barocca, vigila dall’alto la fedele gatta imbalsamata del Petrarca. Secondo la leggenda, si tratterebbe della micia che gli faceva compagnia nelle ore di studio, raffigurata insieme al poeta nella Sala dei Giganti a Padova. In realtà si tratta di una grande trovata di marketing del proprietario del 1600, Girolamo Gabrielli. Nonostante si tratti di un’invenzione, desta ancora curiosità.
La parte di casa che ho apprezzato di più è la Stanza delle visioni. Gli affreschi in questa sala mostrano le scene ispirate alla canzone petrarchesca “Standomi un giorno solo a la fenestra,” numero 323 del Canzoniere, detta Canzone delle visioni. Qui troverete il testo completo: https://www.cpdl.org/wiki/index.php/Standomi_un_giorno
In questo componimento, il poeta immagina di avere sei visioni, stando alla finestra. Finestra reale e anche dell’anima: le sei visioni parlano di morte e la morte allude, in ognuna di esse, alla morte di Laura.
Negli affreschi viene raffigurato affacciato alla finestra guarda dall’alto i visitatori che varcano la soglia.
La casa è di per sé molto piccola, si visita in mezz’ora, al costo di 5 €. Più che per la bellezza degli affreschi e della struttura in sé, questa casa rappresenta un simbolo, un pretesto per ricordare il grande poeta, sepolto in uno dei borghi più belli d’Italia.
Vi consiglio di non fermarvi e di continuare il viaggio nei colli Euganei. È possibile visitare Villa dei Vescovi, bene del FAI, il Castello del Catajo o la più vicina Monselice con il Santuario delle Sette Chiese a Monselice e Villa Duodo.
(Vi lascio con un consiglio scontato ma sempre efficace: prenotate prima!).