“Le sensazioni sono i dettagli che compongono la storia della nostra vita“
Oscar Wilde
Inizio quest’articolo scomodando Oscar Wilde per raccontarvi le opere di Domenico Gnoli (Roma, 1933 – New York, 1970, in mostra alla Fondazione Prada di Milano, fino al 27 febbraio 2022.
Questa esposizione è stata organizzata dal noto critico Germano Celant poco prima della sua scomparsa, a causa delle complicanze del Covid nel 2020 e riunisce più di 100 opere di Gnoli, realizzate dal 1949 al 1969. L’allestimento è stato curato dallo studio 2×4 di New York che collabora da anni con la Fondazione.
Finalmente con questa mostra si è portato alla luce un’artista italiano poco conosciuto dal grande pubblico, la cui arte è rimasta al di fuori di ogni corrente artistica. Non si può definire pop, non si può definire astratto, non si può definire minimalista. Gnoli è Gnoli.
Figlio della ceramista Annie de Garrou e storico Umberto Gnoli, Domenico vive fin da giovanissimo immerso nell’arte e nella poesia. Viaggia molto e si divide tra varie città del mondo: Roma, New York, Parigi e Londra, per stabilirsi infine nel 1963 sull’isola di Maiorca.
È un illustratore, uno scenografo, crea dei bestiari fantastici che possiamo ammirare al primo piano del Podium (l’edificio d’oro della Fondazione). Inizialmente le immagini sono fitte di segni, oniriche, ma gradualmente gli spazi si svuotano, rimane l’essenziale, il decorativismo piano, piano scompare.
“Mi servo sempre di elementi dati e semplici, non voglio aggiungere o sottrarre nulla. Non ho neppure avuto mai voglia di deformare: io isolo e rappresento.”
“Alle volte cerco di concentrarmi sulla storia che vorrei scrivere e m’accorgo che quello che m’interessa è un’altra cosa, ossia, non una cosa precisa ma tutto ciò che resta escluso dalla cosa che dovrei scrivere; il rapporto tra quell’argomento determinato e tutte le sue possibili varianti e alternative, tutti gli avvenimenti che il tempo e lo spazio possono contenere.
Domenico Gnoli
È un’ossessione divorante, distruggitrice, che basta a bloccarmi.
Per combatterla, cerco di limitare il campo di quel che devo dire, poi a dividerlo in campi ancor più limitati, poi a suddividerli ancora, e così via.
E allora mi prende un’altra vertigine, quella del dettaglio del dettaglio del dettaglio, vengo risucchiato dall’infinitesimo, dall’infinitamente piccolo, come prima mi disperdevo nell’infinitamente vasto.”
Al piano terra, possiamo così ammirare le opere più mature, questa ossessione di Gnoli per i dettagli. Le opere sono raggruppate in serie tematiche, dipinte su un fondo materico, sembrano vibrare, hanno un loro peso specifico. Sono degli zoom fotografici su oggetti, tessuti, particolari che raccontano parte di una storia sconosciuta. L’incipit o la fine? Si lascia allo spettatore capire a chi appartiene una scarpa col tacco o scoprire chi ha fatto il nodo alla cravatta.
I vestiti sono estremamente curati, mai una piega fuori posto come se fossero appena stirati, ma da chi?
Sembrano quasi opere “zen”, come se Gnoli avesse fatto un viaggio meditativo attraverso la pittura di ogni singolo capello. Racchiude tutta la plasticità rinascimentale nelle figure, ricorda Masaccio e Piero della Francesca, ma anche i profondi silenzi di De Chirico e le tavole di Morandi.
Sono storie di vita quotidiana non raccontate e spetta all’immaginazione di chi guarda capire che cosa è successo. Cosa sono i dettagli se non sensazioni che compongono la nostra vita?
Anche noi nel nostro vissuto ricordiamo alcuni momenti, come ci eravamo vestiti al primo appuntamento o pettinati i capelli per il matrimonio del parente a cui non volevamo andare. Gnoli crea degli scatti fotografici fatti di pittura, li amplifica, facendoli diventare i protagonisti di un racconto.
Quest’artista eccezionale si spegne purtroppo all’età di 37 anni, un’età maledetta che lo accomuna con Raffaello, Parmigianino, Van Gogh e Mozart.
La visita alla fondazione è sempre un’esperienza mistica, ma ancora più surreale è prendere un drink all’interno del café. Basta attraversare la soglia e tutta la poesia di Gnoli e i valori che la Fondazione Prada esprime, scompaiono completamente. È un vero peccato non ritrovare la stessa qualità nei famosi dettagli.
Lasciando perdere i drink, ritorno alla bellezza e concludo con il video realizzato da Giulio Ghirardi e Christina Clemm che ci fa degustare tutta questa mostra.
Per approfondire:
- La biografia di Gnoli sull’enciclopedia Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-gnoli_%28Dizionario-Biografico%29/
- Un’altra intervista su Rivista studio: https://www.rivistastudio.com/domenico-gnoli-fondazione-prada/