Città di Castello e il suo potenziale inespresso

Il viaggio continua a Città di Castello, deserta nella settimana di Ferragosto. Visitiamo come prima tappa il Palazzo Vitelli, dove ha sede la pinacoteca.
Non è il contenuto, ma il contenitore ad essere la vera star.

Non troviamo subito l’entrata e ci ritroviamo sul retro del palazzo ad ammirare il giardino all’italiana. Gli affreschi di Vasari su tutta la facciata da lontano sembrano come un orlato, un antico murales.

Una volta entrati, saliamo le scale. Sul soffitto gli affreschi dei mesi ci accompagnano nella visita, come tutte le decorazioni presenti in ogni sala che ci impediscono di prestare attenzione alle maestà in trono.

In un’ala del museo più recente sono conservate opere di De Pisis e De Chirico, quasi abbandonate, messe lì, senza respiro, una vicina all’altra. Scopriamo un moderno scultore del luogo, Elmo Palazzi, che con velocità abbozza piazze in modellini. Ricorda quasi Rodin nel lasciare l’impronta sulla creta, il gesto non finito, le stature sembrano solo abbozzate in velocità, quasi sfuggenti.

Da tempo volevamo visitare la Fondazione Burri che ha due sedi nella città. Decidiamo di vedere quella presente nel centro storico di Palazzo Albizzini. Troviamo al primo colpo l’entrata e iniziamo la visita al museo ma sbagliamo subito il percorso, incominciamo perciò a ritroso partendo dalle opere mature, fino ai sacchi, ma il palazzo sembra sterile e la giornata uggiosa non aiuta. L’esposizione non esalta le opere anche se il loro significato, ciò che Burri voleva esprimere, ci giunge ugualmente talmente sono potenti.

Non si possono fare fotografie e siamo sorvegliati speciali per tutta la visita. Alla biglietteria ci viene assegnato un bel foglio di carta in cui sono elencate le opere, una di seguito all’altra. Come può un visitatore dare il peso giusto ad ogni opera e comprenderne il significato?
Si dà per scontato che il visitatore sappia, che il visitatore legga e si informi. Tutto un po’ snob. Sembra che ci sia una parete di vetro tra le opere e il visitatore, questo non solo alla Fondazione Burri ma anche a Palazzo Vitelli.

Usciamo con un po’ di amaro in bocca e ci prepariamo all’ultima visita della giornata presso il Museo della tipografia che troviamo chiuso (nessuna comunicazione online, solo un cartello alla porta) come molti bar nel centro. Per fortuna la visita a Sansepolcro del giorno prima ripaga la malinconia di questa ultima tappa. Torneremo sicuramente in futuro per visitare l’altra sede del Museo Burri, gli ex essiccatoi, che speriamo cambi completamente la percezione di questa città dal grande potenziale.