Quando gli italiani vanno in vacanza, lasciano le loro città più belle in preda ai turisti. Non c’è nessuno, solo tedeschi, inglesi, francesi e qualche pazzo italiano che ama ammirare l’arte sotto il sole di agosto. Da tempo sono sulle orme di Piero della Francesca. Dopo Arezzo e il museo a Monterchi, dove è conservata la Madonna del parto, decido di visitare Sansepolcro, in provincia di Arezzo, da tempo nella lista delle mete di viaggio.
Varcate le mura della città: chiese da tutte le parti. Ma perché così tante chiese? Leggenda vuole che due pellegrini, ritornando dalla Terrasanta, fondarono qui una comunità monastica. Le viuzze tortuose ricordano Urbino, ma senza salite. È tutto un groviglio confuso di vie in cui è bello perdersi. È così infatti che scopro inaspettatamente la sobria casa del signor Buitoni, quello della pasta, per intenderci. Non sapevo fosse nato qui anche lui come Piero. Leggo su qualche testata online che da tempo vorrebbero realizzare un museo, ma non si trova l’accordo tra pubblico e privato. Peccato, visto la storia del brand italiano. Rimane solo una targa nascosta in un vicolo.
Mentre aspetto l’apertura del Museo Civico Sansepolcro che fa orario spezzato, riesco a visitare tutto il centro storico. Trovo la possente fortezza medicea, intatta nella sua forma originale, ancora a forma pentagonale con fossato. Così colossale e al tempo stesso decadente, chiusa al pubblico. Il tetto sta crollando e pure il pavimento. Occorre un restauro urgente di questa meraviglia, tutta chiusa in un cancello.
All’interno del Museo Civico, sono conservati gli affreschi strappati dalle chiese soppresse della città e mentre mi perdo nei dettagli, mi piomba addosso il Polittico della Madonna della Misericordia. Rimani di stucco, abbagliato dall’oro.
Pum. Entri nella sala e ti ritrovi subito l’opera principale.
Sala successiva. Incontro la Resurrezione, appena restaurata, in alto nel muro. Bellissima. Un tablet a fianco della pittura murale permette di approfondire i contenuti, visualizzare nel dettaglio i capelli del Cristo resi con tratti veloci, le armature, comprendere le giornate di lavoro per realizzarlo.
Continuo la visita a casa natale di Piero, dove sono esposte: lucide matrici in rame che solo chi ha studiato calcografia riesce ad apprezzare nel profondo, riproduzioni di cappelli, vestiti e gioielli ripresi dai quadri.
L’interno è purtroppo spoglio di affreschi, rimangono solo i camini e forse gli stessi paesaggi pieni di chiese che Piero riproponeva nei suoi dipinti. Mi aspettavo un po’ di più dalla casa in cui l’artista è nato, vissuto e deceduto.
Visto anche il Museo Aboca che subito mi conquista. Puoi annusare spezie e odori, vedi libri antichi, boccette, alambicchi; misticità medioevali lasciano il posto a scienza e teorie. Assolutamente da vedere.
Mi fermo per la cena ad Anghiari, sede della celebre battaglia, in cima ad una collina. La strada per il centro del paese è tutta in salita, ma ovviamente il paesaggio ripaga di tutto quanto.
Il giorno successivo, rotta verso Città di Castello.